7 gennaio 2008
ARRIVO A NAIROBI
Non fa molto caldo.
Quando arrivo non trovo subito James all'aeroporto.
Pago il visto e ritiro i bagagli. Qui non ci sono i sorrisi e le proposte di matrimonio come all'aeroporto di Mombasa. Anzi sembrano tutti molto incazzati e indaffarati.
Chiedo informazioni su dove potrei trovare l'omino con il cartello del mio lodge e l'impiegato dell'aeroporto dice di aspettare e che mi accompagnerà lui.
Aspetto. In questo aeroporto non c'è quasi nessuno. Per un nano secondo vedo lui uomo basso che non mi arriva alla spalla con un macete come quelli che ho visto di recente nelle mani dei kenioti nelle televisioni italiane e io cosparsa di sangue.
Notizia tra i titoli del tg in Italia almeno per un giorno tra Prodi e Berlusca e Sarkosy e Carla Bruni. Ma dura un nano secondo. e poi da sola a Nairobi con il mio inglese arrangiato e senza parlare lo swahili devo pur fidarmi di qualcuno.
Ritirati i bagagli dei due ragazzi affidati a lui mi accompagna all'uscita.
Vedo un cartello bianco, l'unico non scritto a mano: SPERANZA/CAMPI YA KANZI e dietro al cartello un uomo serio in attesa. Mi avvicino lo chiamo per nome e la faccia diventa un solo grande sorriso. Welcome in Africa, speranza!
Andiamo in jeep. James parla e ride, ride e parla talmente veloce che io riesco a dirgli solo speak slowly please e lui ride ancor di più. Dall'aeroporto internazionale Jomo Kenyatta e senza entrare nel centro della città andiamo al Wilson airport da dove domani prenderò un altro aereo.
L'autostrada Nairobi Mombasa è deserta; poche macchine private e ogni tanto delle persone camminano ai lati della strada al buio. chiedo a james se l'autostrada è deserta per via degli scontri etnici che ci sono stati fuori città; lui mi spiega che è così perché è notte. sono le otto della sera ed effettivamente sembra notte fonda.
Non capisco quanto sia attendibile. we want peace we only want peace il Kenya è un posto tranquillo e la CNN esagera. gli dico ammetterai che ci sono stati morti. mi risponde che lui non li ha visti. Arriviamo all'aeroClub. Mi danno una chiave che non è di una stanza d'albergo ma di una piccola casetta poco distante dall'albergo. Starò sola in un casa e non in una camera. non me lo aspettavo e ho un momento di panico. Anche perché James mi lascia e se ne va.
La casa ha spesse pareti bianche soffitto alto e tetto spiovente in legno; il letto a baldacchino con una grande zanzariera. E una finestra con due tende una più leggera e una più pesante. senza imposte.
Una finestra con due tende e senza imposte è l'unica cosa che separa il mio letto dall'esterno e dalla guardia armata addetto alla sicurezza con lo sguardo troppo da maschio per darmi sicurezza.
cerco un ristorante e cerco anche di ricordarmi di non bere acqua e tutte le cose che di solito in viaggio si ricorda solo mia sorella. quando torno ho sonno e sono stanca. dormo.
la linea di separazione tra un sonno sereno e qualcuno che ti entra in camera è sottile; sono nella città più pericolosa dell'Africa;
il confine tra la vita e la morte è più sottile di quello che solitamente penso e questo l'Africa me lo ricorda sempre. Qui lo so meglio.
Domani incontrerò la persona che mi ha invitato per un lavoro fino a qua e che io non ho mai visto; potrebbe essere la persona splendida che mi sono immaginata oppure quello che, come mi ha detto fino all'ultimo massimone per non farmi partire, quello che mi farà a pezzi nel bush. domani si vedrà. intanto
ben ritrovata, Africa.
8 gennaio 2008
CAMPI YA KANZI
il campo del tesoro perduto.
sono nella mia tenda. il vento ha una voce fortissima e fa muovere tutto.
stamattina james mi ha portato alla aeroporto dove ho conosciuto liz e martin;
liz è un architetto è americana ed è ospite dei campi e martin il nostro pilota.
l'aereo che ci volerà al campo è il più piccolo che abbia mai visto, martin ha fatto accomodare liz, poi due ospiti inglesi che ci hanno raggiunti e infine me sul sedile posteriore; mi ha allacciato la cintura di sicurezza e dato delle cuffie per comunicare durante il volo. durante le manovre prima del decollo ho pregato tutti i miei angioletti e a giudicare dal silenzio e dagli sguardi degli altri credo lo abbiano fatto pure loro.
in fondo sono eccitata: il mio impatto con la terra dei maasai sarà dall'alto.
la prima parte del volo è stata tutta in diagonale; diagonale che ovviamente pende dal mio lato.
il kilimangiaro a sinistra e il monte kenya a destra sono le uniche cose che sono riuscita ad apprezzare, la sensazione di nausea mi ha accompagnata durante tutto il volo e nonosante il mio amico travelgum ho elegantemente vomitato nella EAST AFRICA, la rivista di bordo. per fortuna nessuno se ne è accorto.
dopo un'ora martin ha atterrato poco lontano da dove prevedeva perché il posto era occupato da due giraffe;
scesa dall'aereo ho conosciuto Luca e la pelle mi ha confermato la sensazione che avevo avuto scrivendogli: stavo abbracciando una persona speciale.
il campo è un posto straordinario, luca e sua moglie sono riusciti a costruire un campo assolutamente integrato con l'ambiente naturale e con una minuziosa cura estetica. il design che ho apprezzato all'aereoporto di zurigo per lo scalo e che mi dava però una sensazione di freddo, lo ritrovo qui nella savana ma con un colore caldo.
Luca mi dice i primi giorni goditi l'Africa. e dopo pranzo con liz e altri due ospiti italiani faccio la mia prima escursione; con un tracciatore maasai iniziamo il safari a piedi sulla collina di Okoikuma che in swahili vuol dire tartaruga.
si cammina per un'ora seguendo le orme e gli odori degli animali in una distesa che si apre a noi con tuitti i colori dell'africa. è verde di acacie, rossa di strade polverose e nera di sentieri in mezzo a rocce vulcaniche.
il vento fa ondeggiare l'erba e davanti a me il maasai con lancia e macete avanza dritto in mezzo al mare di verde. l'unica sua raccomandazione: se vedi un leone don't run! non correre!
il pic nic al tramonto sulla parte rocciosa più alta della collina sembra un a scena del film “la mia africa“ e proprio non importa se non c'è robert redford. del resto non sono mica karen blixen.
il ritorno è in una LandRover totalmente scoperta e oltre ai fari della macchina il nostro driver ha un grande faro a illuminare la strada e gli animali che incontriamo e che restano fissi immobili a gurdarci a loro volta. alcuni son buffissimi. quando la giraffa resta immobile a guardare sembra quelle donne curiose dei paesini delle province italliane che quando passa qualcuno di insolito smettono di parlare con le comari e restano immobili a guardarlo seguendo con attenzione tutti i suoi movimenti per poi poter inciuciare tra loro.
l'aria è freschissima e dai sedili posteriori della jeep mi vedo da fuori e mi sento una privilegiata: sono venuta fino qui a guardare la libertà del mondo.
sono privilegiata perché oggi luca, uno sconosciuto per me, mi ha spiegato il reale motivo del suo invito e della sua proposta di baratto: ha visto i miei lavori e ha letto ciò che scrivo e vuole che mi immerga nel suo mondo.
vuole darmi pochi input non vuole una brochure che sia una copia di qualcosaltro, vuole che respiri la sua aria per poi farne quello che io sento.
ha scelto me per la comunicazione del suo campo non perché è capitato o perché costo poco ma perché voleva proprio me. e mi ha regalato questa esperienza meravigliosa solo pechè sono quella che sono. e per lui sono un'artista. raramente mi è successa questa cosa. e mai per un lavoro.
luca è speciale è un uomo del secolo scorso. è un imprenditore che sa sognare.
a tavola con ospiti di diversa nazionalità parla con tutti; dimostra autoironia intelligenza serietà. è una combianzione perfetta di ciò che di meglio può esserci del mondo occidentale e del mondo africano.
smetto di scrivere per non consumare troppa elettricità. domani andrò nella foresta nebulare delle colline chyulu. sara' una bella notte.
9 gennaio
CENA DAVANTI AL KILIMANGIARO
per il risveglio un masai porta caffé latte e biscotti davanti alla tenda e silenziosamente va via. tiro su la lampo della tenda e faccio il mio primo breakfast alle sette sulla veranda. alle otto viene servita la frutta e con stefano, giuliano e clara partiamo per la passeggiata nella foresta.
i sentieri sono stretti in mezzo a varietà di alberi contorti, il più incredibile è il ficus strangolatore. sono due alberi attorcigliati, il più giovane si aggroviglia su quello più vecchio che morendo restituisce vita al giovane. le forme che assumono sono diverse a seconda di quanto tempo è iniziata l'avvolgimento.
la luce che penetra la macchia restituisce una vasta gamma di verde sembra l'illustarzione dei libri di fiabe. davanti a noi sempre Parashi il maasai dritto con la sua lancia ad aprire la strada e a indicare le orme di scimmie e bufali appena passati. le radici degli alberi sono fuori dalla terra e spesso partono dall'alto per arrivare a terra. ci sono liane e odori di fresco e di fiori. e una infinità di uccelli. c'e' la ghiandaia, l'uccello blu il mio preferito.
in cima una distesa di verde e l'altro versante della collina.
ci sediamo sull'erba
davanti si apre l'infinito.
clara è maestra di taiChi e con giuliano e stefano si esercitano. io resto con parashi.
parashi, il tracciatore maasai è un uomo estremamente intelligente e sensibile. ha imparato l'inglese praticando gli ospiti del campo. ama fotografare e ha voluto fotografarmi con la sua lancia. ha un fisico atletico e ogni posizione che assume lo rende particolarmente elegante.
stefano mi ha detto che potrebbe salire la collina correndo e se parashi corre lo fa più forte di lui con la jeep. dimostra più dei suoi trentade anni e diversamente che da noi qui fra i masai sembrare più vecchio è motivo di vanto.
ha una sola moglie, la nuova generazione di masai preferisce averne una sola e già costa troppo. e quattro figli, mi ha detto i nomi ma mi ricordo solo di sabina, nome masai come il nostro e quello di una mia nipotina.
tre anni fa un giovane masai che ho conosciuto a malindi mi aveva spiegato che il marito può decidere che il suo migliore amico può andare a letto con la moglie senza ovviamente chiederne il consenso a lei.
parashi ride imbarazzato e dice che non è affatto così; lo era molte generazioni prima della sua ma il marito non è mai contento che questo succeda a meno che non lo veda..
I masai sono molto imbarazzati a parlare di sesso, stefano racconta che spesso con loro cambia discorso perché hanno un approccio al sesso molto più animalesco del nostro;
ridono quando gli spiegano che noi ci baciamo e ci baciamo anche in parti intime. da loro non è concepito; come restano molto sorpresi quando nel campo arrivano ospiti omosessuali.
Dopo il pranzo torniamo con la jeep a percorrere la stessa strada che porta alla foresta; questa volta proseguiamo per un'altra direzione a vedere l'altro lato della collina. percorriamo paesaggi estremamente diversi fra loro. passiamo per colline dolcissime e di tutti i colori del verde tanto da sembrare di stare in toscana o in umbria a bush fitti di rovi che parashi deve tagliare con il macete.
il sole è sopra le nuvole e i raggi si aprono attraversandole. il cielo è colorato di cyan e bianco. e' un dipinto irreale e vastisismo.
proseguiamo con la jeep e davanti a noi si apre la collina e intravediamo tavoli apparecchiati e lanterne per illuminare il nostro arrivo a una romantica cena in mezzo alla savana, di fronte al kilimangiaro dietro il quale sta già calando il sole.
il cielo è già rosso e arrivano i maasi a celebrarlo con la loro danza. cantano e saltano. e forse qualcuno sbaglia i tempi e gli altri ridono cercando di non farsi vedere come sui palchi delle recite scolastiche.
inizia una cena squisita e ricca e converso con i miei nuovi amici sotto un cielo stellato di innumerevoli stelle e mentre parlo con stefano vedo dietro di lui la luna calante e appena sopra due stelle.
si parla in italiano in inglese e swahili e chi vuole capire capisce tutto.
il ritorno in jeep in piena notte è stato un po' avventuroso. qui il buio significa nero assoluto. siamo in jeep con parashi e il suo faro.
la landRover davanti a noi con 5 ospiti buca una ruota. ci fermiamo per far salire gli ospiti sulla nostra jeep mentre i maasai riparano le gomme. Parashi con l'ascia e il macete passa nell'altra jeep.
dalla radio trasmittente luca ci avvisa della presenza di due leoni, una femmina e un maschio, lungo il tragitto. li raggiungiamo e loro sono appostati con i fari della macchina spenti e la torcia a osservare la leonessa che vediamo anche noi da lontano muoversi verso il bush.
poi la loro jeep si sposta per permettere anche a noi di guardare.
ho avuto davvero paura. sono nella parte destra della jeep totalmente scoperta non posso spostarmi nella parte centrale perché ora siamo in otto e siamo senza maasai. Sylvia con il faro cerca il leone. è talmente buio e troppo facile pensare che mentre il faro è orientato a destra il leone può apparire a sinistra.
ci sono occhi luminosi dietro al bush. lentamente la leonessa si nasconde tra l'erba.
10 gennaio
quando dormo a casa a roma a volte sento la necessità di sentirmi abbracciata da qualcuno; in questa situazione quando di notte ho paura per le voci degli animali vicino alla tenda provo a immaginarmi la stessa cosa per tranquillizzarmi ma qui non funziona. non ne ho bisogno.
in africa e in questa tenda io basto a me stessa.
11 gennaio
GOMORRA, MONNEZZA E NAPOLI NEL BUSH
la visita al villaggio maasai è piena di gioia.
i bambini corrono da tutte le parti e sono emozionatissimi a vederci.
un adulto li raggruppa davanti a noi con uno sguardo severissimo. sono tutti vicini e ci cantano una canzoncina.
mentre li ascolto mi viene naturale abbassarmi, battere le mani e muovere la testa di qua e di là.
inizia uno e poi tutti gli altri ad imitarmi. e allora cantano, battono le mani e muovono la testa di qua e di là.
una confusione di manine verso di noi e i bambini si presentano come da noi gli adulti. danno la manine come per dire piacere sono io. ma sono piccolissimi avranno dai due tre anni in su.
uno di loro è venuto a salutare senza la manina ma abbassando la testa e ho visto che bisognava toccargli la testa con la mano. mi è sembrato tenerissimo.
questi bambini impazziscono per le foto. io gleile facevo e poi con il visore della macchina fotografica gliele mostravo. Brain mi ha detto poi che mentre ero seduta a terra con la mia macchina ero sommersa dai bambini tanto che non mi si vedeva più. i bambini con il naso sporco e mosche sopra il viso riconoscevano loro stessi e agli amici urlavano It's me! It's me! e ridevano come i pazzi. e allora correvano a prender capre e caprette per farsi immortalare.
le mama, le donne adulte con gentilezza e sorridendo cercavano di tenere a bada i bambini, la loro preoccupazione più grande era mostrarci il bazar, su un ramo c'erano collane bracciali orecchini scacciamosche fatte di corallini di tutti i colori.
per me ho comprato una collana bellissima; al campo Sunday mi ha spiegato che quella collana la metteva il guerriero che riusciva a uccidere il leone. ora indegnamente la indosso io in giro per il campo e con la ridicola sensazione che con questa io possa portarmi a casa un pezzo di questo mondo meraviglioso.
io e liz con stefano entriamo in una casa masai, per farlo dobbiamo abbassarci e tenerci per mano perché è piccola e non si vede nulla. la casa è fatta di sterco di vacca e legno. ci mettiamo seduti in cucina ma in realtà liz è già seduta su un pezzo della camera da letto dei genitori che è fatta da una pelle sul pavimento di legno. è tutto molto buio. ci sono dei buchi piccoli da cui entra la luce, in cucina c'è lo spazio per accenedre il fuoco e una pentola. per uscire passiamo in un'altra stanza che è la camera dei bambini. ci sono appesi dei manifesti. i poster ritraggono i politici da votare probabilmente durante le scorse elezioni che hanno poi provocato le violenze a nairobi.
chissà come è la situazione adesso. bo. me lo chiederò quando dovrò tornare all'aeroporto. ma mi sembra singolare adesso che anche qui i politici girino per le case a farsi propaganda e chiedere i voti. ma allora è vero che tutto il mondo è paese.
nel pomeriggio io liz e parashi facciamo una passeggiata per la collina. io parlo italiano e a stento l'inglese; liz parla americano e pochissimo italiano; parashi parla lo swahili, il maa che e' la lingua masai e il suo inglese e ride quando tutti noi cerchiamo di capirci.
la passeggiata per me e liz e' davvero troppo difficile. ci sono molti tratti in salita e quelli in discesa sono drammatici per via dei piccoli sassi su cui si rischia di scivolare come sulla neve.
ho in mano un bastone e raccolgo ossa di babbuino qua e là che voglio fotografare al campo. ho trovato anche una mandibola di zebra. adesso l'erba è alta, arriva poco più su delle ginocchia; è l'erba in mezzo alla quale dormono i leoni durante il giorno.
mi vengono alla mente le scene de “il colore viola“ e “la casa nella prateria“. la mia testa è viziata dalla televisione. sono proprio un'occidentale del cazzo.
a cena cerchiamo tutti di essere un po' più carini. io non posso più di tanto con i miei capelli che non vedono un phon da giorni sembro un simba nel corpo di una scimmia.
in italia non uscirei mai così. qui ci metto tre minuti per vestirmi.
stasera la mia collana masai sul vestito arancione mi salva dall'occasione.
la cena alla tembo house è perfetta.
la preparazione della tavola è impeccabile: ci sono le lanterne disposte lungo il tavolo e posate d'argento.
dopo l'aperitivo in veranda il maasai ci avvisa che la cena è pronta. qui gli uomini offrono la sedia alle signore e ci fanno accomodare per prime. i camerieri versano acqua e servono i pasti prima alle donne poi agli uomini e sempre prima agli ospiti e poi a luca antonella e lo saff. Prima di iniziare antonella annuncia in inglese le portate. se gli ospiti restano più di qualche giorno ci si siede a rotazione in modo da poter comunicare un po' con tutti.
stasera sono seduta di fronte a brian e annabelle.
appena li ho conosciuti ho pensato che non avrei mai potuto comunicare con loro; il loro inglese è quello parlato in inghilterra e hanno un accento che lo rende più complicato. ma quando brian parla piano capisco tutto quello che dice.
è uno scrittore e giornalista freelance del Sunday Times e del Daily Telegraph. ha la faccia inglese. si definisce un traveller writer non so se in italiano c'è una parola per definire uno scrittore di viaggi. è esperto di uccelli e di africa e parla anche un pò di swahili che cerca di insegnarmi.
sorride spesso e questo mi piace. la moglie meno.
stasera mi dice che sono la sua ragazza maasai e mi parla della sua casa dove gli piacerebbe invitarmi. mi guardano tutti; sylvia mi fa capire in italiano che Mr Brian non ha invitato nessuno, ha invitato solo me. mi fa piacere. a un certo punto Brian mi chiede di napoli e del problema dell'immondizia. mi spiega che ha visto la mia città sepolta dalla monnezza. Sono alle falde del kilimangiaro e la monnezza mi segue fino a qua! gli spiego che il problema è assai complicato, che ha origini nella illegalità, nella camorra, che è un discorso che non riguarda solo napoli ma che la colpa è anche di molte imprese del nord che vengono a sversare in campania.
mi segue attento.
mi chiede la differenza tra mafia e camorra.
gli parlo di roberto saviano e di gomorra e con un gesto della mano vicino all'orecchio mi fa capire che ne ha sentito parlare.
robbe' ti conosco pure qua!
tutti a tavola si interessano al discorso ma in inglese non sono sicura di ciò che stanno capendo e ho timore di dipingere la mia città in un modo troppo univoco; sylvia la tata di lucrezia, un'istituttrice che ha lavorato in mezzo mondo, in inglilterra in italia in arabia in brasile presso principi e aristocratici con cui ha viaggiato per l'altro mezzo mondo in cui non ha vissuto, dice di non essere stata mai a napoli. dice ho paura di andarci.
devo sentrimi dire da una donna che ora vive con i leoni accanto alla tenda di notte che ha paura di andare a napoli. oh my god. chiedo a stefano di tradurre perché voglio spiegare e lo faccio meglio in italiano che napoli non è solo violenza e camorra, c'è tanta gente perbene e se possibile più coraggiosanente perbene degli altri visto che come guerrieri maasai devono combattere i leoni di giorno e di notte.
stefano traduce e tutti sono d'accordo e li sento parlare della bellezza di napoli della cultura della mia città di amalfi sorrento e il limoncello. li lascio alle loro chiacchiere felice di aver spostato il discorso altrove ma in fondo mi chiedo sarà più coraggioso vivere fra i leoni o tra i camorristi? il leone se non ha fame non ti mangia, la camorra ha una memoria lunghissima per le sue vendette.
prendiamo il caffe' davanti al camino; brian mi dice che roberto saviano è un dead man walking; parla con sicurezza di cose che non conosce. ci resto male. non gli dico che l'ho conosco e che in macchina al centro di napoli con lui e la scorta non ho avuto assolutamente paura.
quando torno in tenda per la prima volta da quando sono qui ho voglia di ascoltare la musica; cerco i 24Grana e mentre francesco canta “...cerco una luna che mi guarda e che mi parla sopra i tetti...“ guardo la stessa luna ma dall'alta parte dell'equatore e sembra raccontarmi che in fondo la paura come tutte le cose segue il principio della relatività.
i maasai non hanno paura del leone la notte, io sì;
gli americani sono terrorizzati dai miei discorsi sulla camorra, noi napoletani ci conviviamo tutti i giorni porca troia.
la paura la paura mi dice la luna la paura più grande è quella per mondo di cui non si ha conoscenza.
la notte fra il 12 e il 13 gennaio
PAURA PAURA PAURA
sono le dieci e un quarto sono nella mia tenda.
questa notte ho davvero paura.
il vento è fortissimo e fa muovere tutto. ho provato a spegnere la luce ma il rumore si ingigantisce e sento troppo chiaramente dei passi che non so distinguere.
lascio la luce accesa ma vedo la tenda gonfiarsi verso il mio letto, dà l'impressione che voli via da un momento all'altro.
qui fuori dovrebbe esserci thomas, l'askari, il maasai guardiano che con una torcia illumina il sentiero e ti accompagna se vuoi muoverti lungo il campo perché non è il caso che si cammini da soli al buio per via degli animali.
fuori dalla mia tenda sotto l'albero sylvia ha visto riposare un leone e ha trattenuto il fiato fino a quando ha potuto. il respiro del felino bastava per tutti e due.
stanotte ho davvero paura.
nel pomeriggio uno dei ragazzi maasai è venuto a trovarmi; non conosco bene la cultura maasai perciò ho seguito la mia: l'ho fatto accomodare e gli ho offerto qualcosa.
ha voluto vedere le mie foto. alla fine per salutarmi mi ha abbracciata detto I love you e ha provato a baciarmi.
adesso nella notte nella mia tenda, che si apre con una lampo sia dall'interno che dall'esterno, ho più paura di lui che del leone.
la casa di luca è lontana, la tenda più vicina è occupata da due americani molto anziani che durane la notte hanno detto che tolgono l'apparecchio per sentire.
Stefano è partito stamattina per una spedizione sul kilimangiaro e le tende di sylvia e dello staff sono dall'altra parte della tembo house.
thomas non parla inglese e ovviamente non capisce una parola di italiano e non ha nè il macete nè la lancia. forse è lui che sta camminando qua fuori o forse è il vento che provoca questo suono.
i suoni sono amplificati e se si sposta una lucertola lungo la tenda puoi scambiarla per un bufalo che si avvicina correndo.
la notte è così nera, la luna ha ai suoi lati due stelle: due punti e una parentesi tonda per scrivere smile. al di sopra dello smile le stelle sono davvero infinite.
adesso più chiaramente sento passi pesanti. spengo tutto e cerco di convincermi che sia thomas qua fuori.
ore 3:39
S I M B A
c'è un respiro profondo prorpio accanto alla mia tenda, non può essere thomas.
il passo è lento e pesante: deve essere un animale molto grande o un bufalo o un leone.
oddio mio è qua. sento camminare vicinissimo alla tenda. emette ripetutamente un rumore sordo che mi entra dentro lo stomaco. sento i battiti del mio cuore nell'orecchio e sulla parte sinistra del mio corpo sulla quale stavo dormendo.
ma in questi casi posso aprire la finestra e accendere la torcia? domani lo chiederò a luca. di nuovo il respiro e passi pesanti troppo vicini a me.
sudo e ho pensieri confusi e ho addirittura paura che possa sentire il rumore della mia testa e del cuore che batte fuori dal corpo e capire che sono qua dentro
adesso è silenzio. è andato via. dopo non so quanti minuti lo sento molto lontano.
improvvisamente ritorna il rumore sordo. stavolta è terribile: l'animale urla e corre veloce verso il posto dove sto. sembra una folla, una mandria.
e nella notte mi fuguro la polvere che sta sollevando.
avrà visto qualcosa.
avrà attaccato un altro animale.
cerco di convincermi che, chiunque esso sia, ha talmente tante cose da mangiare nel bush che certo non viene a mangiare me.
e proprio in questo istante mi ricordo la storia di sylvia sul bufalo che era diventato pazzo e che veniva a distrugger le tende del campo.
a questo punto non posso fare altro che staccare la spina della mia mente e abbandonarmi a ciò che deve essere;
l'unico pensiero che mi rilassa allora è che se il leone verrà a mangiarmi non si è compiuto altro che ciò che la natura prevede. del resto sono io che sto occupando il suo territorio.
con questo pensiero di vita e di morte, di appartenenza al tutto quel che di più selvaggiamente naturale mi circonda e stremata dai mille altri pensieri che ho avuto, chiudo gli occhi.
alle sette il masai sorridente mi porta il caffe in tenda; alle otto faccio colazione con i due americani con l'apperecchio nelle orecchie che oggi partono e perciò gli faccio compagnia per salutarli. è da ieri sera che gli altri dello staff li evitano perché sono molto noiosi. alla tembo house i masai mi aspettano e mi parlano eccitati io distinguo le parole lions, near your tent and this night fighting
oh my god era un leone!! anzi lions è plurale non era uno. gli faccio ripetere tutto S L O W L Y P L E A S E .
Sunday ride come un pazzo guardando la mia faccia mentre mi racconta che la guardia notturna ha visto six lions che giravano attorno al campo, li ha visti dirigersi verso la mia tenda dove si sono combattuti.
i maasai ridono di me e del mio terrore: una battaglia di sei leoni e io ero nel mezzo!?
loro sono tranquilli. come sempre; sorridenti. come sempre. ho l'impressione che la cosa per loro sia un fatto eccezionale ma non troppo
“the breakfast is ready“ e spostano la sedia per farmi accomodare. del resto la notte è passata siamo tutti vivi e inizia una nuova giornata.
con la partenza degli americani resto l'unica ospite del campo per i prossimi giorni.
torno alla tenda e lucertole colorate attraversano la strada; un serpente marrone si mimetizza sui gradini che scendo.
davanti a me una famiglia di giraffe e tutte insieme anche il piccolino ferma tutto e mi guarda.
una cosa è certa se le giraffe sono lì, i leoni sono andati via.
14 gennaio
AFFINITA' ELETTIVE
sono l'unica ospite del campo fino al 18.
ho cenato in cucina con sylvia e gli altri dello staff invece che alla tembo house.
molte prenotazioni sono state annullate a causa dei recenti scontri in kenya; è una situazione difficile e tutti sperano che non degeneri.
i media occidentali hanno una enorme responsabilità nei confronti di questo paese e la pubblicazionne di notizie esagerate rispetto alla reale situazione in kenya è per molti motivo di estrema preoccupazione perchè qui si vive di turismo.
oggi dalle undici fino alle quattro ho lavorato con luca e antonella nella scelta delle foto della nostra brochure. non è un lavoro facile sintetizzare in poche pagine la straordinaria bellezza di questo posto e parlare delle fondazioni che vengono sostenute dai Campi ya Kanzi.
l'introduzione sarà fatta da Edward Norton e John Grisham, amici di luca e sostenitori dei suoi progetti.
Edward Norton è anche regista del film dedicato a frida kahlo e ama peter bread due artisti che io adoro. Luca aveva capito questo dalla sezione IO ADORO del mio sito.
mi ha detto “quando ho navigato nel tuo sito più lo visitavo più mi convincevo che eri tu la persona che doveva disegnare la mia brochure; mi ha sorpreso che la tua sensibilità sia cosi' vicino alla mia; c'è molta somiglianza fra noi“
WOW. bello trovare affinità tra persone lontane. io e luca siamo molto simili.
è una delle poche persone a cui parlo e non ho la sensazione di essere percepita come una strana. a cena a casa sua con la moglie e i bambini è molto meno formale di quanto deve esserlo con gli ospiti alla tembo house; mi parlano di loro, di come si sono incontrati, di quanti uomini antonella avesse avuto prima di lui e di quante donne aveva avuto luca. non faccio fatica a crederlo visto che sono molto belli.
luca è una delle poche persone a cui ho parlato del fatto che sono molto amica del mio ex, che ci stimiamo moltissimo ci adoriamo e che a me è ancora necessario il suo punto di vista sulle cose che mi sucedono e che non mi ha chiesto ma allora perché vi siete lasciati? ma siete ancora innamorati? noooo!
luca è una delle poche persone che conosco che, come vito e me, pensano che se due persone si sono amate per tanti anni poi non è pensabile che si perdano per sempre. antonella non è d'accordo e non vuole che luca veda la sua ex di milano. lui allora le prende la mano la bacia dice che è la sua iena e che è bellissima e che la ama. le dice: pensa che tristezza faccio i sogni erotici con te!
mi piace stare con loro anche se antonella fa sogni erotici con berlusconi. dice che a letto è fortissimo berlusconi e passa grandi notti insieme a lui. luca si rassegna. dice che bisognerebbe essere come gli africani che non corteggiano le donne. i maasai in modo particolare non corteggiano non baciano non abbracciano e per loro il sesso è solo penetrazione.
spesso picchiano la loro donna.
A Luca piace parlare con le prostitute quando va a nairob; dai loro racocnti si capisce molto della società in cui lavorano. queste donne spiegano che spesso è meglio prostituirsi che essere moglie di un africano; andare con un bianco è meno doloroso perché sono meno dotati, durano meno e in più pagano bene. meglio questo che stare a casa con uno che torna ubriaco e ti ammazza di botte.
oddio che tristezza! ma come?e tutti questi maasai gentili e sorridenti? sono sorridenti con te perché sei loro ospite prova ad andare a letto con uno di loro e ti accorgerai...naaa please non ditemi così. rifiuto rifiuto. voglio crogiolarmi nella mia romantica visione dell'africa ancora e ancora.
la sera dopo cena passo un po' di tempo da sylvia. stasera prima di andare sunday mi ha salutato perché torna una settimana al villaggio. a causa dell'annullamento delle prenotazioni due persone per ogni settore sono mandati in ferie. mi dispiace salutare cosi Sunday. l'askari mi porta da silvia e dopo un'ora mi riporta in tenda. sono sola in questa parte del campo perche' gli altri dormono tutti nelle tende dopo la cucina dall'altra parte della tembo house rispetto a dove sto. se urlassi non mi sentirebbero e ovviamente non ci sono telefoni e non ho radio trasmittenti. ma samson ha detto agli askari di passare spesso durante la notte qui fuori dalla mia tenda.metto una torcia a portata di mano per richiamare l'askari in caso di necessità.
15 gennaio
SPERANZA, IO NON VOLLERE CAMORRA NEL MIO COMPUTER!
nessun masai e' venuto a svegliarmi oggi. alle otto quando mi alzo c'è un silenzio surreale.
incrediile quanto ci si abitua alle cose: cammino davanti alle giraffe che stanno mangiando di fronte alla mia tenda e non le guardo più di tanto. loro sì come sempre. fermano tutto e guardano. si impicciano e poi inciuciano. alla tembo house c'è un cameriere nuovo. sono tutti in ferie perchè non ci sono ospiti. il nuovo cameriere non parla molto.
resto a scattare foto che mi serviranno per la brochure.
ho ossa di tutti i tipi, foglie, fiori, una testa di leone, terra e cenere con cui disegnare.
ho fotografato tutto, mi manca solo l'aloe. strappando un filo di erba nel giardino ne ho sfiorato un altro che è scappato via lungo le scale: era un piccolo serpente verde.
il maasai a cui l'ho detto è rimasto più impressionato da questo fatto che non dai leoni dell'altra notte e sentivo che lo raccontava agli altri maasai che mi chiedevano ma hai toccato un serpente? io “sì ma... ma l'altra notte ero in mezzo a sei leoni che si ammazzavano e voi niente ora per il serpente...“
difficile capire i maasai: una cosa è certa non credo siano così senza maiizia come si dice.
due dei più giovani la mattina e nel pomeriggio venivano a trovarmi; un giorno uno e un giorno l altro. non capita quasi mai che venga una ragazza da sola al campo mi ha detto sylvia.
non capendo bene la lingua mi sfuggivano le cose ma quando eravamo tutti e tre insieme e si parlavano avevano i sorrisi maliziosi come da noi gli uomini che si raccontano avventure improbabili.
con la scusa delle foto mi hanno vestita con l'abito da cerimonia e sono stata fotografata prima come moglie di uno e poi dell'altro. il primo diceva continuamente all altro che lui era solo il secondo. non capivo se mi prendevano per il culo o se era un modo gentile di stare vicino. spesso mi toccavano i capelli e mi piaceva avere queste attenzioni al di là se c'erano o no intenzioni che non ho capito. dopo le foto uno di loro mi ha detto scusa se ti ho abbracciato. mi e' sembrato bellissimo.
stasera anche il mio askari e' diverso; anche thoams è tornato al villaggio; thomas che non si chiama thomas infatti quando chiedo di lui a luca non sa chi è.
adesso mi accompagna noa sempre se si chiama noa.
questi ragazzi non girano armati ma solo con una torcia. da loro so solo che se incontriamo un bufalo dobbiamo correre ma se incontriamo un leone dobbiamo assolutamente stare immobili. vabbe'. cammino con lui;
lui dritto cammina e guarda avanti; io devo guardare per terra, se per poco guardo l'infinità di stelle e la luna gigante su di me inciampo; allora lui ride, dice sorry, mi aspetta e poi andiamo.
cammino con lui pensando che se avessi avuto più senso di responsabilità nei miei confronti chissà che vita avrei vissuto perche' tutto quello che ho fatto fino ad ora è istinto e passione non è ragionato ma non perché sono un'altrenativa come mi ha detto Piji prima di partire che voglio fare l'anticonvenzionale. no! è che io proprio non ragiono sulle cose. sono piena di graffi sulle cosce e sulle gambe per aver camminato nell'erba alta; ho visto sylvia mettere pomate e disinfettanti sulle sue ferite io c'ho solo sputato sopra e succhiato il sangue perché mi piace...oh my god faccio proprio schifo; però le mie ferite oggi sono guarite. ogni tanto tolgo la crosta per leccarmi ancora il sangue. l'ho fatto anche vicino ai cani e silvya che ormai mi fa da balia mi urla Come on, speranza, questi cani hanno pulci dentro il loro pello! e ride come per dire sei tutta da rifare.
per certe cose, come maasai, io sarei perfetta.
Silvya è troppo simpatica. ogni sera dopo cena sto un'ora da lei; all'inizio parlavamo in maniera molto formale ed educata adesso parliamo di cazzi e di gente che nasce con lo buco della culo grosso il suo italiano da stanlio mi fa morire dal ridere.
da lei posso controllare la posta e scrivere di tanto in tanto a romina che sono in un paradiso terrestre e che non devono preoccuparsi. ma ci metto un'eternità. mentre lo faccio sylvia di solito esce sulla veranda a fumare una cica e parla parla parla. stasera mi ha raccontato del suo incontro con sean connery. A miami era la tata di due bambine che giocavano con i nipoti di mr connery. un pomeriggio i bambini sono corsi a casa di nonno connery e hanno aperto la sua stanza “oh belive me speranza io ero sporca di sabbia ed ero dentro la mia costume e lui era dentro la sua mutando; I was rather embarrassed ma mr connery mi ha abbraccia and we start a cantare cantare together“
sta ancora nelle braccia di mr connery quando vedo tra le mie email quella di roberto saviano, allora le dico “come here, sylvia, mi ha scritto lo scrittore di cui parlavo a tavola ieri“
non glielo avessi mai detto. è entrata come una furia ancora con la cicca nella tenda militare di legno e stoffa che possiamo prendere fuoco da un momento all'altro e tutta incazzata mi urla IO NON VOLLERE CAMMMMORRRA NEL MIO COMPUTER! resto a guardarla ma mi scappa da ridere è tutta scoordinata. mi guarda e mi urla ancora SPERANZA, IO NON VOLLERE CAMORRA NEL MIO COMPUTER.
ma guada che ti sbagli lasciami leggere almeno cosa mi scrive e roberto mi ha scritto “speranza dammi tue notizie, non mi far preoccupare“ non so se è più surreale questa tatona che ha paura di ricevere una email da roberto saviano o roberto che vive sotto scorta e che è preoccupato per me che invece sto in un paradiso. spiego con molta calma a sylvia che roberto non è un camorrista, ah be allora è un pentito, noooo sylvia, he is a writer. proprio non ci crede ma vuole sapere cosa mi ha scritto. glielo dico e diventa dolcissima oh he is so cute! write him write him. quanto mi mancherai tatona! le dico adesso gli scrivo che può trovarti tra la tenda di stefano e quella del cuoco così la notte viene a trovarti la caaaamorra altro che leone. con molta lentezza provo a caricare una foto che ho scattato a roberto cosi la tatona sarà un pò più felice se la verrà a trovare di notte.
tatona mia quanto mi mancherai!
ho raccontato questa cosa a luca e quando incontriamo sylvia adesso le urliamo IO NON VOLLERE CAMORRA NEL MIO COMPUTER!
o mamma ecco il rospo. che palle! emette un rumore fastidioso. come uno che russa forte. c'e' un bufalo che beve alla pozza. non mi piacciono i bufali sono imprevedibili come i cretini. io amo i leoni. vorrei dipingermi accucciata a un leone. ecco se potessi avere un genio della lampada con i tre desideri il primo sarebbe essere al posto di quella ragazza che ho visto in un documentario un giorno in tv che è cresciuta con i leoni e vive in mezzo a loro, come io con i mei gatti che dormono accanto a me.
oggi in un libro di fotografie di luca alla tembo house c'era la foto di george adamson, l'uomo bianco che viveva con i leoni in una regione dell'africa vicino al fiume Tama.
ecco cosa invidio:
chi ha capacità di conversare con persone di nazionalità lingua e ceti sociali diversi,
la diplomazia,
e george adamson che viveva con i leoni.
tutte cose che io non potro mai avere.
il rospo ha smesso di russare. notte.
...umh eccoloo.
notte tra il 15 e il 16 gennaio ore 00:39
THE LION
sta passeggiando un leone qua fuori. non è proprio vicino. ruggisce. la frequenza del suono è talmente bassa che sembra un lamento. accendo la luce. silenzio e poi di nuovo. più vicino. la cosa che mi mette più paura è quando sento il leone e poi le folate di vento che stanotte è furioso e fa suonare le parte metalliche delle cerniere della mia tenda.
quando sento questo suono delle lampo come prima cosa penso al leone che sta squarciando la tenda come nel film “spiriti nelle tenebre“ che era meglio che non vedevo prima di venire qui; solo ragoinando mi ricordo che invece è il vento. passo gran parte della notte e ripassarmi il ragionamento. la paura mi fa battere il cuore forte e sento caldissimo. tolgo via le coperte poi le rimetto perché mi proteggono.
verso le due passa di nuovo di qua. sarà che sono rincoglionita dal sonno ma ho meno paura, mi sposto nella parte del letto per stare più vicina alla parete della tenda che mi separa da lui. voglio stargli vicino quando passerà anche se adesso so che i leoni non si avvicinano molto. resto sveglia e quando non lo sento mi manca. eccolo di nuovo. so che se apro la finestre e accendo la torcia lui va via. improvvisamente voglio che resti qua. una tenda e un pezzo di legno mi separa da lui. chissà come sarà. un leone è come un padre. solido forte possessivo guerriero. il leone è un uomo e stanotte gli dormo accanto.tendo la mano alla tenda e stanotte lui inconsapevole mi gira attorno.
16 gennaio
ore 7:30
piove tantissimo. sento ancora ruggire il leone. guardo l'ora sono le sette e mezza perciò fuori c'è luce. posso aprire la finestra. apro quella accanto al letto cerco di capire da dove viene la voce, guardo prima vicino a me e poi via via più lontano. e finalmente lo vedo!
finalmente vedo il mio leone!
l'erba e' bassa e lui cammina verso la pozza d'acqua. piove fortissimo e ho gli occhi pieni di lacrime perché sono una piagnona.
decido di aprire la finestra sulla veranda da cui lo vedo meglio e cerco la macchina fotografica
ma quando mi affaccio lui non c'è più.
sulla veranda un via vai di lucertole e lucertoline e gli uccellini si aprono in volo.
l'Africa prima devi imparare a guardarla e poi forse puoi fotografarla.
sono le nove. alla pozza ci sono le antilopi. il mio leone allora è proprio andato via.
del perché non devo aver paura del leone ho diverse spiegazioni:
luca con il suo sguardo azzurro e rassicurante mi ha detto “non devi avere paura“ e basta. dice che di notte posso accendere la torcia per cercarlo e uscire sulla veranda.
stefano mi ha spiegato che non devo aver paura del leone perché a differenza dei leoni che vivono nei parchi dello tsavo e amboseli questi non sono abituati agli uomini, gli unici uomini che hanno visto sono i maasai che da sempre li hanno cacciati. perciò sono loro ad aver paura di te.
samson, il manager masai del campo, mi ha detto
non devi aver paura dei leoni perché tu sei nella tenda e la tenda è graaaandee e loro hanno paura della tenda. per dire graaande ha sgranato gli occhi più che poteva, come quando racconti le storie a un bambino per farlo dormire. apri pure la finestra se vuoi ma non uscire mai sulla veranda
!
resto perplessa. che il leone possa avere paura di me faccio fatica a crederlo. e che poi abbia paura della tenda moolto graaande...ma poi in veranda ci posso andare o no?
!
la famiglia di antilopi ora sta improvvisamente scappando via dalla pozza. forse il leone è ancora qui? forse è megllio che aspetti di incrociare qualcuno prima di uscire.
ore 14:15
NON VOGLIO TORNARE A CASA
piove tantissimo. la pioggia è provvidenziale ci sono agricoltori che zappettano lungo il campo. ognuno è alle sue attività. luca è allo studio; sylvia a scuola con i bambini; io scarico foto dell'archivio dei campi sul mio portatile. tra poco mi porterano un phon e posso fare una doccia. qui l'acqua è riscaldata da pannelli solari perciò adesso che piove non sarà calda ma ne ho proprio bisogno.
guardo fuori. una malinconia bella mi assale come ogni volta che piove.
guardo dalle finestre della mia tenda.
ho tre aperture per tre lati della tenda e una visione a 240 gradi e ruotandomi intorno sono quieta e grata al mondo che mi è attorno. mi riempie di gioia la consapevolezza di tanta bellezza.
quello che ho di prezioso è che riconosco la bellezza quando la incontro.
sono grata alla vita al mio dio a me stessa.
solo una cosa non voglio adesso.
io non voglio tornare a casa.
non voglio tornare alle luci artificiali. nemmeno ai rumori delle città. non voglio abitare nel cemento. e non sono sicura di essere capace di prendermi cura di me nel cemento. mi lascerò gradualmente rincoglionire da telefoni internet e myspace dalla tv; e se sarà iniziato il grande fratello lo vedro' come tutti gli anni ne sono certa. avrò voglia di uscire e di farmi carina per un qualche uomo che mi piacerà. vorrò essere abbracciata da lui e glielo chiederò. sarò di nuovo ormonale e maliziosa e poi annoiata o anche ferita. dovro lavorare lavorerò con devozione appassionandomi a qualche stronzata e al prossimo progetto che mi porterà via la testa per un pò. tornerò alle gratificazioni che mi dà il mio lavoro e ai miei fallimenti. e le vibrazioni buone che ho accumulato lasceranno il posto ad altre. è una vita altalenante tra spirito e carne non posso esagerare nè in un verso nè in un altro. sono nel mezzo. galleggio tra il cielo e la terra ma adesso vorrei tanto che l'Africa proprio non mi lasciasse andare via di qua.
16 gennaio
THAT'S SHALL I DO
oggi sono andata a trovare sylvia a scuola. insegna a quattro bambni, tre maasai e lulu, la figlia di luca. ognuno di loro è speciale per qualcosa. simaloe è la principessa della permalosità, mampei è la principessa delle chiacchiere, lulu la principessa manesca e sari è il principe di non capisco che; per me è un principino e basta. è un bambino dolcissimo un po' solitario e silenzioso. ha occhi enormi e sorride poco ma quando lo fa me lo mangerei di baci. non so proprio come fa sylvia a essere così severa con loro. I maasai tengono molto all'educazione dei figli e in classe ci sono bacchette di legno e sylvia ha il permesso di picchiarli; ma ovviamente non lo ha mai fatto. usa la bachetta forte sulle loro piccole scrivanie di plastica e lava la bocca con il sapone a chi fa troppo casino. questa umiliazione è per i bambini più grande di una sculacciata.
questa mattina sono vicino a sari e lo aiuto a leggere. usa solo la memoria perciò non garda le parole ma cerca di ricordare cosa può esserci scritto. ha memorizzato la frase THAT'S SHALL I DO e ogni volta che con il ditino va sulla parolina SHALL urla THAT'S SHALL I DO e quando dice DO chiude le labbra a cuoricino. è bellissimo. sari look the words it's not do! read again please e lui arriva alla parola SHALL e ripete SHALL I DO per quasi tutta la mattinata. alla fina gli suggerisco THAT'S SHALL I SEE e quando dice SEE vedo tutti i suoi dentini. è bellissimo.
ma sylvia passa per il test e bacchetta forte sulla sua scrivania. povero il mio principe.
alle undici c'è una pausa. i bambini hanno fuori dalla scuola, nel campo dove pascolano le mucche, un gioco per saltare. a turno si tolgono le scarpe e saltano. quando salta Simaloe salta più in alto che abbia mai visto sempre fuori da ogni inquadratura prevista con la mia macchina fotografica. salta simaloe salta. è una bambina arrabbiata, sorride pochissimo ha uno sguardo molto serio. solo quando salta ride e si diverte. solo quando salta ha cinque anni e tanta gioia.
lulu è la principessina bianca in mezzo ai maasai ed è la bambina più indipendente che abbia mai visto. ci ho messo molto a entrare in contatto con lei; prima mi ha studiata per bene; alla fine mi ha disegnata su un pezzo di carta e scritto che ero sua amica. ma non mi ha mai voluto abbracciare. al padre ha detto: Baba mi manca speranza perciò mandala via.
impressionante. mi manca qualcuno perciò volgio che vada via. impressionante a cinque anni e mezzo.
A tavola ormai siamo spesso vicine e quando sembra che nessuno può vederci lei prende il cibo dal piatto con le mani e mi fa segno con il ditino sul naso di fare silenzio e non dirlo a nessuno. io faccio come lei anche se so che ci stanno guardando tutti. ma mi piace vedere ridere la mia piccola lulu. bambina fortunata la picocla lulu figlia di un padre attento.
17 gennaio
TATONA!
dopo la scuola e dopo aver pranzato luca ci invita ad andare con lui al villaggio. luca e antonella devono risolvere dei problemi al dispensario e visitare una scuola, così io posso andarmene in giro per il villaggio. vengono con noi anche lulu e sylvia. mentre andiamo incontriamo simaloe mampei e sari. vogliono venire con noi. saltono sulla landRover in un battibaleno e nessuno di loro va a chiedere ai genitori se possono.
sono tutti e quattro dietro, lulu con gli occhiali e cappello per proteggersi dal sole sta in mezzo. e sono pazzi di gioia. ridono cantano e durante il viaggio dicono a ognuno di noi perché siamo speciali
luca è speciale perchè guida
antonella perché ha dei bellissimi orecchini
sylvia perché urla
e io perché ho i capelli belli.
mi toccano i capelli mi toccano le mani mi toccano le unghia lunghe. e per la prima volta sorridendo lo fa anche lulu. ho impressione che lo faccia per dire lei è amica mia prima di essere amica vostra.
prima di arrivare al villaggio passiamo per la casa di mampei. solo ora capisco che mampei abita al campo con il papà ma vive lontano dalla mamma. appena arriviamo davanti alla sua capanna la bambina vuole scendere dalla jeep. la aiuto facilmente è talmente uno scricciolo che non pesa niente. due bambine scendono da un albero appena la vedono e lo scricciolo mampei stringe a sé due scriccioli più piccoli di lei e a ognuno stringe le guance con le mani e dà un bacio in bocca. esce la madre con un altro piccolo legato alla sua schiena, corre da mampei le stringe le guance con le mani e le dà un bacio in bocca. cosi' anche la nonna e poi tutte in fila salutano con rispetto luca. lasciamo la bambina alla sua famiglia e proseguiamo.
Arriviamo al villaggio. con sylvia e i bambini andiamo a vedere una vecchia scuola e ci raggiungono delle ragazze tra i dodici e i quindici anni. alcune di loro sembrano delle piccole naomi campell. indossano lo stesso vestito blu a quadretti e golfini blu elettrico. hanno tutte la testa rasata e i loro zigomi sono marchiati a fuoco come si usa tra i maasai. anche loro mi toccano i capelli. Io e sylvia chiediamo loro cosa studiano e cosa vogliono fare da grandi e la risposta è solo una: teacher. Sylvia che capisce che queste ragazze non sono abituate a pensarsi fuori da una comunità maasai cerca di spronarle ad avere iniziative diverse e chiede a ognuna di loro quanti altri mestieri potrebbe fare. suggerisce la hostess cosi' puoi viaggiare, la designer, l'architetto e allora loro continuano il dottore la giornalista. sylvia vuole che pensino anche a realtà fuori dal loro contesto.
cantano una canzone per noi. sentiamo una campana e tutte scappano via.
due di loro alte belle e dritte e piene di taniche vanno dalla nostra stessa parte, verso il villaggio.
loro a prendere l'acqua, io a visitarlo curiosa, sylvia alla ricerca disperata di una bibita.
ci dividiamo sicure che poi da qualche parte ci rivedremo uniche mzungu bianche. ma siamo state troppo ottimiste. io vado verso un gruppo di donne e bambine che stanno prendendo l'acqua alla fontana. due bambine pompano l'acqua da una parte e dall'altra si raccoglie con estrema cautela facendo attenzione a non farne cadere neanche una goccia.
non passo inosservata e più mi avvicino e più mi guardano male. decido di avvicinarmi alla donna più anziana se mi accetta lei lo faranno tutte. le offro la mano. le chiedo abari mama? come sta signora? risponde nzuri e sorride. non ha nemmeno un dente, sulla testa un copricapo per caricare l'acqua e i buchi ai lobi delle orecchie sono enormi. in quello di sinistra c'è un grande pezzo di legno chiaro. Ha ornamenti splendidi rossi blu bianchi e vedi.
abari mama? dico a ognuna delle donne che o rispondono o scappano via ridendo. sto un po' con loro. mi guardano mi toccano e prendono in mano la mia macchina fotografica. sempre sorridendo.
poi vado verso il centro del villaggio. questo villaggio è enorme, non è come l'altro che ho visitato e soprattutto non è circolare perciò mi perdo. ovunque passo mi guardano e le mama escono fuori dalle capanne per vedere chi sono e cosa faccio. ma non faccio altro che sorridere e dire jambo. ci sono maasai armati di lance donne bellissime con vestiti colorati e attaccati al collo sempre un bambino.
sotto a alberi bassi con la chioma come un enorme ombrello si ritrovano donne che puliscono la verdura e la frutta e mi chiedono se voglio comprarla ma non ho una lira. mi incanto a guardare una mamma giovanissima con al seno il suo bambino seduta un po' in disparte sotto all'albero. mi siedo accanto a lei. mi guarda con la stessa meraviglia che ho io a stare di fronte a questa giovane bellissima che mi pare una madonna col suo bambino. ci guardiamo senza parlare per un po.
si avvicina un maasai mi tocca il braccio e mi fa segno di guardare dritto avanti a me. e da lontano vedo una signora bianca che si agita e si agita. asante sana dico a tutti e vado verso la mia tatona.
sylvia trascina i tre bambini sotto al sole cocente e viene verso di me; per andare verso di loro passo davanti a piccoli market azzurri sono negozi con le grate, il venditore si intravede da un piccolo sportello come da noi alle poste.e tutta la merce è dietro alle grate. sono incuriosita da due guerrieri con le lance e prima di raggiungere sylvia voglio vedere dove vanno. arrivano a un piccolo locale e ci entro anche io. è pieno di persone ed è tutto buio. loro sono neri, vedo solo il bianco dei loro occhi e davanti dove la gente non è accalcata ne vedo due ad un'altezza più bassa. si spostano tutti ed entra un pò di luce che illumina il tizio sul tavolo da biliardo. mi accorgo di essere l'unica donna per giunta bianca in un bar e faccio per uscire. mi chiedono in francese se sono francese rispondo sono italiana e escono fuori tutti insieme a me urlandomi ciaaao beella.
esco e mi ritrovo sylvia incazzata con una bibita per me. come on speranza a te piacere troppo l'avventura! questi sono maasai e lo sanno far funzionare bene quella cosa in mezzo alle gambe. questi ti acchiappano tu diventi più nera di loro.
Tatona mia hai ragione.
ci cerchiamo un albero ombrello per mangiare i biscotti e bere le bibite che sylvia ha comprato per noi.
io e i bambini apriamo le bibite che sono talmente gassate che ci esplodono addosso al primo sorso. tatona mia oggi nulla va come tu vorresti.
ci porta nella jeep ad aspettare luca. rido come una pazza, le dico mi mancherai tanto e non oso dirle che non posso smettere di ridere perché improvvisamente mi viene alla mente quando dopo una cena a casa di luca in cui ha rotto le palle a lulu tutto il tempo, lulu stai dritta lulu usa bene la forchetta lulu lulu; quando andiamo via io sto per salutare luca e insieme sentiamo un gran rumore. nella casa illuminata solo da lanterne dietro al divano troviamo sylvia a pecora sul tappeto su cui e' inciampata. quella sera mentre gli askari ci riportavano alle tende camminava davanti a me scoordinata con una torcia del cazzo che non faceva luce e urlava GRANDE FIGURO DI MERDA SPERANZA GRANDE FIGURO DI MERDA. PASSA DA ME A FUMARE UNA CICA
ma quanto mi mancherai tatona mia. già mi manchi!
18 gennaio
al campo è arrivata sandy. viene dal colorado e ha portato una valigia intera di regali e materiali per la scuola. sylvia è felicissima. sandy è tornata ai campi per la quarta volta.
nel pomeriggio vado con lei sulla collina per un safari a piedi con i tracciatori Kapaito e Matasha.
matasha è alla guida. ci saluta e poi non ci rivolge più la parola. ieri mi ha detto non capisco l'inglese ma poi quando ha voluto mi ha parlato e ci siamo capiti. che tipo che è Matasha; sembra sempre che pensi ok vi accompagno ma non rompetemi il cazzo. è scorbutico e silenzioso. ogni tanto frena di colpo la macchina e in piena savana scende si avvicina a qualcosa che solo lui ha visto. ha visto una placenta, è sceso e quando è tornato ha detto con sicurezza a kapaito in swahili che è nata una piccola zebra da pochissimo. poco più avanti frena di botto e salta dalla jeep. mi accorgo che c'è una gazzella piccola morta fra l'erba alta. forse c'è un leone. matasha torna e dice no simba. quando gli chiedo come no simba!? c'è un anmale morto qualcuno lo avrà ucciso non risponde ma kapaito che mi spiega che non ha nessuna ferita e che è morto di morte naturale.
no simba. antipatico che sei matasha.
saliamo a piedi verso le rocce facendo agitare i babbuini che si arrampicano urlando. io che non sono per niente atletica resto sempre dietro; matasha non sale con noi, ci fa andare avanti perché lui ci impiega la metà del tempo a fare la salita. quando sale ci supera e resta ad aspettarci succhiando fili d'erba. in controluce sembra davvero un guerriero ma mi sta un pò sulle palle. gli passo davanti e proprio davanti a lui scivolo sulle piccole pietre. lui mi afferra e forse credendo di potermi aiutare mi trascina per la collina tirandomi per il polso. mi sento un cane al guinzaglio e allora tiro via il braccio. can I help you? gli rispondo di no
Can I take your camera? gli rispondo di no. non volgio proprio niente da questo maasai.
arrivati in cima capisco cosa vuol dire “a perdita d'occhio“ si apre una vallata infinita verdissima ci sono zebre e giraffe laggiu'; sento uccelli girare attorno in un cielo fatto di nuvole trafitte da raggi di sole e ad ogni secondo la luce cambia colore. Matasha e Kapaito aprono una tovaglia per un breve pic nic e offrono vino rosso. poi kapaito resta con noi e matasha si stende poco lontano si toglie il suo mantello da dosso e si copre il viso per dormire.
sandy è una compagnia piacevole. è una fotografa ed è in kenya solo di passaggio, la sua meta è il rwanda dove l'aspetano i gorilla. lavora per la diane fossey gorilla foundation, la fondazione intitolata alla donna che ha vissuto per anni studiando e proteggendo i gorilla e per questo è stata assassinata. ho visto la sua storia nel film Gorilla nella nebbia con sigourney weaver e mi affascina il racconto di sandy che cerca di sostenere la fondazione attraverso la vendita delle sue fotografie. ha un'attrezzzatura incredibile. due nikon con obbiettivi lunghissimi, nel sedile posteriore della landRover solo un obbietitvo occupava lo spazio tra me e lei sedute all'estremità.
cerco di capire come si fa a vendere foto e a vivere di questo. glielo chiedo due volte ma lei glissa l'argomento. eppure sono certa di essermi espressa bene in inglese. vabbe glisso anche io.
torniamo alla jeep. la discesa è peggio della salita. matasha mi riprende per il polso. se vuoi aiutarmi dammi la mano non il polso. mi si ferma davanti mi guarda e sorride solo con la parte sinistra del viso. questo maasai mi fa proprio incazzare. meno male che domani torno in italia se no potrebbe pure piacermi.
io sono più tosta di te. non so chi è piu' tosto quando all'ennesima sbandata lui sorridendo solo a sinistra apre il palmo della mano e cerca la mia. mi chiede la macchina fotografica e cammina senza trascinarmi ma accanto a me. questo guerriero seminudo dritto e elegante mi tiene per mano mi guarda dall'alto verso il basso don't worry! Pole pole non preoccuparti piano piano.. e io sono maldestra e sgraziata su questa collina ma gli cammino accanto e mi sento corinne hoffman ne “la masai bianca“, la masai bianca delle chulu hill (?).
arriviamo al campo che è già notte, ceniamo e dopo con sandy e sylvia restiamo a parlare davanti al camino.
sylvia dice che la trova più serena dall'ultima volta e sandy risponde sì infatti ho divorziato. e ride come una pazza. d'ora in poi qualsiasi cosa fanno e dicono sembra una puntata di sex and the city.
19 gennaio
IL RITORNO
torno in italia. è da stamattina che mi dico non piangere non piangere. evita questa figura di merda.
ho messo in imbarazzo tutti perché li ho salutati abbracciandoli, evidentemente qui non si usa.
ho abbracciato il cuoco, l'aiuto cuoco, le donne della lavanderia, la segretaria e mi dicevo non piangere.
ho abbracciato stefano che proprio oggi è tornato dalla spedizione sul kilimangiaro dimagrito e abbronzato.
ho abbracciato antonella. ho abbracciato la mia tatona e mi son detta non piangere non piangere. e non ho pianto. ho abbracciato pure l'albero vicino alla mia tenda dove secondo me passava il leone
ho caricato la mia valigia sulla jeep di luca e ci avviamo verso l'aeroplano che mi volera' a nairobi.
allora come è stata questa esperienza? faccio per rispondere e mi accorgo che piango. GRANDE FIGURO DI MERDA. non riesco a parlare e luca è contento che questo posto mi abbia toccato così tanto.
vorrei essere meno emotiva e dirgli la mia gratitudine. lui mi dice di restare. non me dire la seconda volta se no scendo da questa jeep e resto.
in macchina con noi tre persone dello staff dei campi ya kanzi che andranno in ferie per un po' dato la scarsa presenza di ospiti. due appartengono alla tribù Luo e uno è un Kikuyu e convivono serenamente in terra maasai. queste rivalità etniche fino alla fine non sono proprio riuscita a vederle.
saliamo sull'aereo. luca è alla guida io dietro con cuffia e microfono e stavolta ho un sacchetto per vomitare. ma luca dice che non vomiterò.
ci alziamo in volo. non ho paura. non ho nausea.
la terra dei maasai si riduce piano piano e la vedo da una inquadratura sempre più larga. quanto è grande la terra dei maasai almeno quanto la mia gratitudine. volo sulle giraffe sulle zebre,, volo sui bufali sulle chulu, volo sulla foresta nebulare e rivedo le rocce dei miei picnic. volo accanto al kilimangiaro e dentro il sole dell'africa
so perfettamente di aver avuto in questi dodici giorni una visione privilegiata di questo mondo; una visione da ospite; so perfettamente che vivere qui sarebbe differente sarebbe difficile. ma so esattamente che questo posto è la radice, è l'inizio. è padre e madre. questo posto è vita e morte. si cammina a piedi nudi sulla terra, si respira aria. qui è forte il senso dell'onore dell'amicizia. è primario e necessario il rispetto per la terra su cui si vive che come dicono i maasai è presa in prestito ai nostri figli. qui gli adulti hanno l'ingenuità dei bambini ed è sconcertante e i bambini che non hanno nulla sono i bambini più felici del mondo. l'Africa nera è l'esprienza più bella che io abbia mai vissuto.
asante sana africa, ti guardo dall'oblo del piccolo aereo e non piango. ti imprimo nella memoria con la voce di simaole lulu mampei e sari che ieri mattina a scuola imparavano a cantare what a wonderful world.
non è sempre wonderful questo world ma qui capita più facilmente che altrove che lo sia.
e io che non sono un viaggiatore saggio avrò malinconia e nostalgia e desidererò di ritornare e forse tornerò da te che conosci e macini solo il presente e non starai certo ad aspettare. e anche per questa lezione asante sana, africa. di cuore.
I see trees of green, red roses too
I see them bloom for me and you
And I think to myself, what a wonderful world
I see skies of blue and clouds of white
The bright blessed day, the dark sacred night
And I think to myself, what a wonderful world
The colours of the rainbow, so pretty in the sky
Are also on the faces of people going by
I see friends shakin' hands, sayin' "How do you do?"
They're really saying "I love you"
I hear babies cryin', I watch them grow
They'll learn much more than I'll ever know
And I think to myself, what a wonderful world
Yes, I think to myself, what a wonderful world
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